Menu principale:
Intervista V Gran Premio "Città di Savona"
01. Una domanda d'obbligo: quando hai cominciato ad avvertire sollecitazioni artistiche?
Chiedermi quando ho cominciato a disegnare equivale a chiedermi quando ho cominciato a respirare: posso infatti affermare senza ombra di dubbio che il disegno e l’uso del colore per me sono sempre stati un’esigenza naturale, come mangiare, dormire e, appunto, respirare. Mia mamma mi diceva sempre che dal momento in cui mi hanno regalato la prima scatola di pastelli io non ho mai smesso di colorare e disegnare, preferendo queste attività ai giochi stessi. A lei piaceva ricordare un episodio in particolare: non avevo ancora compiuto quattro anni quando un giorno andai da lei con in mano un foglio di carta con scritto “fragile”. Era una parola dai tratti assai incerti ma comprensibilissima, e mia mamma mi chiese chi l’avesse scritta. Le risposi orgogliosa: “Io!” e le indicai uno scatolone da imballo che recava la stessa scritta riportata su un lato. Da allora non ho più potuto fare a meno di raffigurare tutto ciò che mi circonda, i sogni, i pensieri ...
02. Hai avuto sostegno in famiglia oppure hai trovato posizioni negative?
La mia famiglia mi ha sempre incoraggiata e sostenuta in tutte le mie scelte ed aspirazioni, e per questo sono molto grata.
03. Quali sono stati i tuoi studi artistici e come si è sviluppata la tua formazione?
La scelta della scuola superiore è certamente delicata, talvolta costituisce un vero e proprio dilemma in quanto a quell’età difficilmente si hanno le idee chiare su quelle che sono le proprie aspirazioni e capacità. Quando questa scelta si è presentata a me io non ho avuto alcun dubbio: avrei optato per una scuola che prevedesse l’insegnamento del disegno. Sembra quasi un paradosso, ma questa è l’unica ragione che mi ha portata ad iscrivermi al liceo scientifico. Avrei sicuramente preferito quello artistico, ma a quei tempi ancora non c’era nella mia cittadina ed il fatto che avrei dovuto percorrere due volte al giorno una sessantina di chilometri con una linea ferroviaria assai scomoda mi ha fatto desistere. C’era anche l’istituto professionale per geometri ma i professori me lo sconsigliarono (non avevano ben compreso quanto amassi disegnare) perchè, andando bene nelle varie materie scolastiche (purtroppo!), ritennero che la formazione di un liceo sarebbe stata più consona per affrontare i successivi assai probabili studi universitari. Quindi non mi rimase che “scegliere” il liceo scientifico. Terminati gli studi superiori, sempre e solo guidata dalla volontà di poter disegnare, mi iscrissi alla facoltà di architettura presso il Politecnico di Milano. Non scelsi l’accademia perchè, non avendo frequentato il liceo artistico e possedendo solo nozioni di disegno “tecnico”, temevo di non avere le “basi giuste” per affrontare tale scuola. Mi laureai in architettura e cominciai a lavorare presso uno studio professionale. All’inizio fui soddisfatta e contenta di questa professione. All’inizio si disegnava ancora “a mano” con squadrette e tecnigrafo, matite e china. Poi l’utilizzo del computer divenne preponderante, tanto che gli strumenti sopra descritti vennero presto accantonati e sostituiti dalle moderne tecnologie. Cominciò così a “mancarmi qualcosa”: la manualità del disegnare. Decisi allora di iscrivermi ad un corso di pittura tenuto dal pittore Gilberto Carpo. Grazie alle lezioni del maestro, ai suoi consigli e agli apprendimenti tecnici, ho finalmente iniziato a “dipingere”, trovando la giusta strada per esprimermi creativamente, elaborando così un linguaggio ed una espressione artistica personali.
04. Quali artisti del presente o del passato consideri punti di riferimento?
Innanzitutto i grandi classici dell’arte (Caravaggio primo fra tutti), per il sapiente uso della luce, del chiaroscuro, dei colori contrastanti impiegati per accentuare la forza espressiva delle opere.
Poi segue Vincent Van Gogh, per carpirne l’energia, le tinte contrastanti, l’intensità e la saturazione.
Renato Guttuso, per la forma pittorica brillante e luminosa.
Tamara de Lempicka, per la sua formazione classica, nascosta molto bene dal tratto moderno, per il colore, assoluto protagonista delle sue opere.
E, ovviamente, il maestro Gilberto Carpo, per tutto quello che mi ha trasmesso e che continua a trasmettermi.
05. Dal punto di vista dell'amante dell'arte e non di chi la pratica quali sono gli artisti che trovi più interessanti?
Purtroppo non riesco a rispondere a questa domanda perchè mi è impossibile scindere le due cose.
06. Una domanda indiscreta: cosa ti soddisfa della tua carriera e cosa costituisce invece un rimpianto?
Io dipingo per stare bene con me stessa e con gli altri, per trasmettere pensieri ed emozioni, e sono contenta e soddisfatta quando vedo che ciò che intendo comunicare con le mie opere venga correttamente recepito ed apprezzato. Rimpianti non ne ho, proprio perchè ogni mia scelta è stata ben ponderata e mi ha portata ad essere quella che sono oggi (sia in positivo che in negativo).
07. Potresti illustrare il tuo punto di vista sulle ultimissime tendenze dell'arte contemporanea?
Per poter parlare in modo corretto delle tendenze artistiche di un determinato periodo storico occorre porle in relazione alle situazioni socio-
08. Ritieni come gli artisti del passato che le opere d'arte debbano essere eterne o pensi che esse siano funzionali al momento e all'occasione e quindi non necessariamente destinate a durare?
Io credo nell’ eternità della “vera arte”, di quella capace di emozionare e di trasmettere messaggi sempre attuali.
09. Come presenteresti le tue opere e il tuo stile?
A questa domanda rispondo con le parole di colui che dal punto di vista artistico mi conosce meglio di chiunque altro, il mio maestro Gilberto Carpo:
“Conosco Michela Mirici Cappa, nel suo nascere. La conosco nella sua tenacia, nella sua crescita e per le sue titubanze e sempre attenta nel raccogliere suggerimenti.
Ad oggi posso dire il suo avvio è tracciato. Le sue ultime opere sono la testimonianza del suo pensiero e del suo aver appreso sicurezza nel dare impronta al linguaggio, come impostazione della sua anima, delineando altresì il suo dire, il suo raccontare.
Trasporto visivo fra realtà e fantasia, o meglio, tra surrealismo e realismo. Queste sono le sue ultime fatiche, senza mai separare l’unità formale: quasi un racconto che ci porta dentro e fuori. Due facce, due identità non separate ma costruite con semplicità e naturalezza, con armonia e sfuggevole ricchezza di elementi (...) Non vi è dubbio sulla puntualità del suo pensiero. Vi è comunque un dentro ed un fuori; è come ricercare nel profondo nascosto e nell’imponderabile: un appuntamento fra sé stessa e la sua anima. Rimane comunque, un collante fra contenuto e forma.
Molto attenta a non uscire dall’armonica interpretazione delle sue istanze pittoriche, fedele con sé stessa, senza nulla concedere alla casualità. Un impegno misto a passione, che porterà Michela ad obiettivi futuri.”
10. Quali consigli daresti ad un giovane artista?
Innanzitutto di affidarsi ad un buon insegnante, di studiare la storia dell’arte, di apprendere i segreti della tecnica dei grandi classici, per poi riuscire a rielaborarla in termini “moderni e contemporanei” fino a creare un proprio linguaggio artistico. Purtroppo pochi sanno (e tra questi pochi, mi duole dirlo, anche diversi artisti) che anche chi ha usato l’espressività infrangendo tutte le regole aveva un ottimo possesso dei mezzi tecnici (ad esempio Picasso). Soprattutto consiglierei di tenere sempre ben presente la definizione di Arte, intesa come “Attività dell’uomo basata sul possesso di una tecnica, su un sapere acquisito sia teoricamente che attraverso l’esperienza”. Lo esorterei anche ad osservare con cosciente attenzione e spirito critico il maggior numero di eventi artistici e di mostre (sia di opere del passato che contemporanee).
Infine gli augurerei “buona fortuna”.
*** *** *** *** ***